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Lesson Transcript

Politeismo Italiano e stupor mundi
Alla fine di via del Corso c’è Piazza del Popolo, dove all’epoca dei papi si giustiziavano i criminali. Adesso al centro della piazza non c’è il patibolo ma l’obelisco Flaminio, trofeo delle campagne d’Egitto proveniente da Heliopolis e risalente XIII sec a.C. All’entrata della piazza ci sono due chiese gemelle, due piccoli gioielli del barocco romano ed un’altra chiesa che conosco bene, ci vado spesso, per quello che c’è dentro, e quando come oggi è domenica ci trovo un sacco di fedeli.
Anche a quest’ora, alla prima messa, quella delle sei, c’è già un gruppetto di vecchie pronte col rosario. Entro insieme a loro in S. Maria del Popolo ed anche se è giugno fa quasi freddo dentro, e le luci non sono nemmeno tutte accese. Anche il parroco starà finendo di prepararsi. Non mi siedo con le vecchie ma le guardo fare il rosario, curve nei loro scialli potrebbero benissimo essere uscite dal medioevo. Quando vedo scene come questa, più o meno cioè ogni volta che entro in una chiesa, penso al fatto che la religiosità romana è rimasta ferma al secondo secolo d.C., all’epoca di Augusto, quando gli antichi dei di Roma non c’erano più e Cristo non c’era ancora. I romani non sono monoteisti, come tutti gli italiani non pregano quasi mai Dio, pregano la Madonna, S. Paolo e S. Pietro, gli angeli, così come a Napoli si prega S. Gennaro, a Milano S. Ambrogio, a Palermo S. Rosalia e così via. Ma anche questo politeismo non è sincero, è più che altro superstizione, tradizione, si fanno le cose che si sono sempre fatte e lo si fa nel momento del bisogno- si chiede la grazia al santo giusto, si dedica un ex voto, si va in pellegrinaggio alla reliquia più adatta etc.
In fondo è esattamente quello che sto facendo io, che non vengo qui per la messa, ma per stupirmi davanti a Caravaggio- in S. Maria del Popolo sono infatti conservate due delle sue più grandi ed a mio avviso belle opere, la crocifissione di S. Pietro e la conversione di S. Paolo. Entrambe sono ancora nella posizione originaria, furono cioè commissionate per questa chiesa, ed entrambe condividono una storia curiosa- la loro prima versione fu rifiutata dalla committenza, essenzialmente per l’audacia della composizione e per la rottura degli schemi tradizionali che rappresentavano.
Le autorità ecclesiastiche devono aver avuto paura dell’effetto che queste opere avrebbero potuto avere sui fedeli. Fatto sta che Caravaggio dovette ridipingere le opere- del S. Pietro originale non si ha notizia tranne d’una probabile copia spagnola. Il primo S. Paolo invece è dipinto sotto alla seconda versione, in un certo senso è stato solo corretto. Il quadro mostra Saulo a terra, in primo piano e visto di spalle, il suo cavallo dal quale è appena caduto ed alcuni altri personaggi. Il santo però si copre il viso con le mani, mentre nella versione originale, esaminata ai raggi X, nell’atto della caduta aveva la testa all’indietro e guardava lo spettatore al contrario col volto deformato da una smorfia d’estasi divina. Cos’altro posso dire- una volta che avete visto la ricostruzione dell’originale, conoscerete lo sguardo che il santo si copre con le mani e non potrete fare a meno di riconoscerlo. In qualche modo la Conversione riassume l’arte del Caravaggio- l’incontenibile stupore della vita.

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